Ravenna è molto famosa nel mondo per i suoi splendidi mosaici antichi, risalenti a quando la città era la capitale dell’Impero Romano. Il rapporto di Ravenna col mosaico, però, è proseguito nel corso dei secoli, al punto che ancora oggi la città è un florido centro di produzione, con tanti artigiani esperti in questa arte. L’aspetto più interessante, tuttavia, è il rapporto con l’arte, perché proprio da Ravenna è partita la riscoperta del mosaico contemporaneo.
La storia
Tutto ebbe inizio nel 1951. L’allora direttore del Museo Nazionale, Giuseppe Bovini, fece eseguire dai mosaicisti ravennati una serie di copie a grandezza naturale di alcuni dettagli dei mosaici antichi, al solo scopo di far conoscere meglio questo patrimonio cittadino. Il successo fu enorme: la grande abilità dei maestri e l’alta qualità delle copie stupirono tutti. Da qui lo stesso Bovini ebbe l’intuizione di far dialogare l’allora pittura contemporanea coi maestri mosaicisti ravennati. Fu un altro successo: alcuni dei più grandi pittori italiani e stranieri accolsero l’invito, iniziando a collaborare coi mosaicisti ravennati per creare opere nuove, sia dal punto di formale che visivo. Il risultato fu esposto nel 1959, con la “Mostra dei mosaici moderni”, e vide la partecipazioni di artisti quali Vedova, Cagli, Guttuso, Capogrossi, Saetti, oltre agli internazionali Chagall, Sandquist e Mathieu, e altri ancora. Il mosaico divenne una nuova tecnica da utilizzare nella ricerca artistica contemporanea.
Nel 2011, ecco una nuova importante tappa per lo sviluppo del mosaico contemporaneo a Ravenna: la creazione del GAeM, Giovani Artisti e Mosaico, una gara internazionale aperta a tutti i giovani artisti, e che ha permesso alla città di diventare il punto di riferimento mondiale per questa tecnica. Ogni due anni, infatti, giungono a Ravenna decine di opere da tutto il mondo, rendendo il GAeM uno dei concorsi più interessanti nel nostro paese.
Il mosaico contemporaneo al MAR
Il MAR, il Museo d’Arte di Ravenna, è il luogo dove vedere il mosaico contemporaneo. All’interno si trovano esposte le opere di queste manifestazioni, per un allestimento che aiuta a capire bene quali sono le capacità espressive del mosaico contemporaneo. Quelle più attraenti sono sicuramente quelle provenienti dalla mostra del 1959, se non altro per l’importanza dei loro autori. Ogni opera è esposta insieme al suo bozzetto, così da poter vedere sia il “dipinto”, sia il risultato finale dopo l’intervento del maestro mosaicista. Tra le opere esposte, quelle che mi attirano di più sono “Le coq Blue” di Chagall, soprattutto per il modo con cui il maestro Rocchi ha reso tramite il mosaico, la pittura sfumata dell’artista russo; l’”Omaggio a Odoacre” di Mathieu (una dei pochi mosaici eseguiti direttamente dall’artista), oppure il “Senza Titolo” di Emilio Vedova, per come Isler Medici rese in mosaico le sue vibranti pennellate.
Molto interessanti, invece, sono le opere più recenti. Negli ultimi sessanta anni, il mosaico è stato reinterpretato tantissimo dagli artisti, fino a giungere a risultati inaspettati e molto sorprendenti. Basta pensare all’uso del mosaico nella scultura, come ne “La bambola orientale” di Marco Bravura (1995), oppure all’uso di tessere di diversi materiali, forme e spessore per creare nuove sensazioni fisiche o visive (“Mosaico Tattile” di Francesca Pasquali, 1980; “Obelischi e Spine nel cuore”, Toyoharu Kii, 2013).
I mosaici del GAeM
I mosaici più rivoluzionari, però, sono quelli del concorso GAeM. I giovani artisti, infatti, hanno rinnovato tantissimo il concetto stesso di mosaico. Materiali, tecniche, concezioni, ogni elemento della tradizione è messo in discussione, donando così un significato nuovo allo stesso concetto di mosaico. Mi piace segnalare un paio di opere che ben descrivono questo nuovissimo campo di ricerca: “Unspoken” della newyorkese Samantha Holmes (2011), dove fogli di carta rilegati con fil di ferro sostituiscono le tessere, all’interno di un contenitore usato proprio dai mosaicisti per mostrare i propri campioni; oppure “CAP 952” di Omar Hassan (2013), che utilizza degli ugelli dipinti di bombolette spray come tessere, per un sorprendente effetto cromatico.
Sono comunque molti e tutti da scoprire le altre opere presenti nel museo, alcune delle quali veramente notevoli. L’importante è vedere con curiosità, senza pregiudizi nei confronti del contemporaneo, con la sola voglia di conoscere le evoluzioni di una delle tecniche artistiche più antiche del mondo.